Nella Maremma toscana non si lesina in risse e culti oscuri.
Ilio, un operaio che non trasmette alcuna simpatia in chi gli sta vicino, ha una solo desiderio: andar via da quel luogo marcio e polveroso insieme alla sua amata Lara. A ostacolare il suo piano, proprio la strana famiglia di Lara, implicata nelle arti occulte.
Tra pestaggi e magia nera, il racconto di Giorgio Borroni, La stagione della morte (Amazon, autopubblicazione, 2020) ci dimostra come la padronanza della tecnica di scrittura, l’asciuttezza delle situazioni descritte, non abbiano nulla da invidiare all’immaginario di miscellaneo orrore di un Lansdale.
La stagione della morte è diviso in due parti: la prima descrive il pestaggio di Ilio, il reietto, in cui Borroni padroneggia lo stile, incollando l’attenzione del lettore a una sequenza quasi cinematografica, senza perdersi in elementi non pertinenti alla causa.
Le botte vanno a segno.
Nella seconda parte, l’atmosfera diventa più cupa. L’idea della fuga si scontra con l’oppressione di un Male che imperversa e segna i destini degli individui.
Come sospeso in in un incubo, Ilio s’immerge nell’oscurità dell’ossessione familiare che reprime ogni forma di libertà.
Il passaggio d’ambientazione e di genere non stride, ma avviene con fluidità, considerando pure la brevità del racconto (40 pagine circa, inframmezzato dalle illustrazioni dello stesso autore). D’altronde Giorgio Borroni non è un improvvisato, ma rientra in quel gruppo di scrittori italiani dell’orrore (ma non solo) che sta emergendo dal mondo editoriale indipendente.
Borroni, non solo scrittore, ma anche traduttore e autore di alcuni manuali di scrittura (su, nostro portale abbiamo pubblicato la sua guida alla scrittura di un romanzo horror), è forse il più indipendente tra gli indipendenti.
Di sicuro, l’horror italiano, nelle sue variazioni, sta vivendo un periodo di rinascita che fino a qualche decennio fa sembrava difficilmente recuperabile.
Giovanni Canadè