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Nella prima parte avevamo analizzato solo due dei racconti presenti nella raccolta Sogni di sangue . Si trattava di Un sogno di sangue e Un delitto normale, pubblicati nel 1975 in un unico volume per l’edicola edito da Campironi, che Sclavi firmava con lo pseudonimo di Francesco Argento.
Risalgono agli anni ottanta, invece, gli altri due racconti lunghi dei quali parliamo in questa sede: Il testimone arcano e Quante volte tornerai.
Se i precedenti due racconti erano legati dalla matrice giallo/thriller e dalla presenza di un personaggio, il commissario Straniero, negli altri due racconti facciamo la conoscenza di altri due protagonisti puramente sclaviani, due freak, se vogliamo, nel senso che questo termine ha nella narrativa dello scrittore pavese, cioè individui fortemente disagiati. E proprio il disagio metropolitano costituisce l’unità tematica di tutto il volume: Davide Calavera, il professore alle prese con infauste premonizioni, la casalinga Rosa Fontana vittima delle violenze di suo marito, e ora lo studente greco Stavros e l’anonimo impiegato Ravasciò, condannati all’esclusione sociale, alla solitudine, alla pazzia.
IL TESTIMONE ARCANO
Già dal titolo del racconto possiamo capire come tutta la vicenda di Stavros e lo schema del racconto siano debitori del romanzo di Roland Topor L’inquilino stregato, pubblicato in Italia nel 1976 col titolo L’inquilino del terzo piano, da cui Roman Polanski ne trarrà una delle sue opere migliori della cinematografia mondiale. Il romanzo di Topor è fondamentale per Sclavi: i temi del libro torneranno più volte nella sua produzione, sparsi nei suoi altri scritti, dai romanzi alle storie di Dylan Dog.
Facciamo la conoscenza di Stavros in una città quasi deserta, mentre si avvicina, incuriosito, sul luogo di un incidente d’auto. Nella foga del momento, viene scambiato per un testimone e preso in mezzo dalle due parti in causa per testimoniare a loro favore.
“Stavros è uno studente greco, fuggito dal proprio paese per motivi politici (la Grecia degli anni ‘70 era sotto il regime dei Colonnelli) ed ora in attesa della cittadinanza. È un emarginato in un paese che continua a non sentire suo, in cui trova tutti ostili, pronti a respingerlo per la sua “differenza”, ma anche a circuirlo in tutti i modi per sfruttare a proprio favore la sua debolezza.” (Dellamorte e altre storie, Daniele Bertusi, Periplo, 1997 ).
Ingenuo, incompreso, estraneo al mondo che lo circonda e agorafobico, Stavros cade naturalmente preda degli intrighi kafkiani che l’incidente al quale (non) ha assistito gli si fanno incontro. Così, si trova preda della trappola di Sibilla, la bellissima nipotina cieca dell’investito, che si rivelerà una prostituta assoldata per incastrarlo, o ancora alla signora Pontani, moglie dell’investitore che tenta anche lei di sedurlo per portarlo dalla sua parte. Stavros cerca di mantenersi distante da tutti, di attraversare la sua vita senza procurare e procurarsi danni, ma la realtà lo cerca, lo ingarbuglia. Unica voce amica dello studente greco è quella di Antonis, l’amico smaliziato, la voce della ragione di Stavros, che tenta di avvertirlo dei reali pericoli nei quali versa la sua condizione.
Ma noi sappiamo benissimo come nei romanzi di Tiziano Sclavi operi a più livelli un’ambiguità che pervade protagonisti, situazioni, se non la voce stessa del narratore. Dunque, mentre le vicende di Stavros proseguono rocambolesche verso il finale, nel quale verrà addirittura sfidato a un duello, arriveremo alla risoluzione della storia in modo quasi “naturale”. Allora possiamo affermare come, anche in questo caso, il modello sul quale Sclavi costruisce la sua storia, in questo caso il romanzo di Topor, venga superato con un salto successivo: se “Topor, mentre racconta, mette in dubbio quello che pensa il suo protagonista, Sclavi va oltre: mette in dubbio quello che lui stesso sta raccontando.” (Tiziano Sclavi, Daniele Bertusi, Cadmo, 2000)
QUANTE VOLTE TORNERAI
Ravasciò è un tranquillo impiegato di un non precisato ufficio. La sua vita è scandita da abitudini sempre uguali in una cittadina di provincia come le altre. La sua quotidianità non sembra soggetta a grosse variazioni, se non per alcune visioni o particolari che esulano dalla realtà, come ad esempio la visione di alcuni spettri che attraversano la stanza e spariscono attraverso il muro. Il mattino dopo, Ravasciò sembra avere dimenticato tutto.
Se Stavros era un un freak che tentava di nascondersi agli altri, Ravasciò sembra non porsi domande sul proprio presente, per nulla sul proprio futuro. La sua vita scorre normale fino a quando questi eventi strani diventano più numerosi e qualcosa nella sua coscienza sembra risvegliarsi. Ravasciò nota delle crepe nella sua realtà, stavolta più persistenti e che rimangono impressi nella sua memoria, come ad esempio quando gli viene detto che un suo collega di lavoro, da lui ben conosciuto, in realtà non esista, o quando uno di loro muore ma dopo pochi minuti rientra in ufficio sostenendo di essersi sentito male per aver mangiato troppo.
“La verità sconcertante che Ravasciò comincia a scoprire, lottando in primo luogo con un se stesso che continua a dimenticare e a non credere ai propri stessi appunti di diario, è quella di un mondo finto: finte case costituite solo di facciate di cartapesta, finti mobili che si sollevano con una mano, finta anche la nebbia, sparata da ventilatori ai bordi delle strade, finte, infine, le persone, che si muovono come automi e ripetono meccanicamente le stesse frasi.” (Tiziano Sclavi, Daniele Bertusi, Cadmo, 2000)
La finzione, il terrore della quotidianità, la realtà messa in dubbio: ecco altri elementi fondamentali per la narrativa sclaviana.
Quante volte tornerai, oltre a essere una delle migliori prove di Sclavi, è un racconto che ci porta attraverso i generi: la quotidianità di Ravasciò è terreno per l’entrata del fantastico, dell’elemento orrorifico, ma poi la storia si trasforma in thriller e poi in action, e ancora in fantascienza. Il tutto, con grande maestria, dosando perfettamente i tempi e i cliché dei generi.
Ravasciò, quindi, viene condotto alla scoperta della sua realtà come fosse egli stesso nel ruolo del lettore condotto attraverso lo stupore e la meraviglia in mondi inesplorati della mente e non solo.
Sogni di sangue è un libro che raccoglie storie accomunate dalla paura: di amare, della solitudine, della vita.
In una società spersonalizzante e repressiva, l’individuo dei racconti di Tiziano Sclavi si rivela sempre più inadatto al vita.
DUE NOTE IN CHIUSURA
Stavros lo conosciamo velocemente nel romanzo Tre, interrogato dal commissario Nonplus in una breve sequenza del romanzo.
Come scritto dallo stesso Sclavi in Avvertenza al racconto, sia il titolo che la storia di Quante volte tornerai sono stati utilizzati per un episodio del suo fumetto Roy Mann.
Giovanni Canadè