Il mattatoio – Un racconto inedito di Elena Ramella

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(Francis Bacon, Figure with Meat, 1954)

Lui le aveva passato una mano sul braccio coperto dalla lana del maglione ma lei aveva sentito lo stesso il suo tocco attraverso la trama del tessuto. Erano entrambi pietrificati, immobili nel centro dell’enorme sala circolare con i muri di pietra umidi e impregnati di sangue, di urla e di morte. Il palco era poco distante, in linea retta davanti a loro, illuminato dalle luci rosse trasparenti che continuavano ad oscillare e a vagare sul soffitto seguendo traiettorie sempre uguali.

Le persone si erano radunate intorno a loro, in gruppetti e in coppie, con le birre in mano e i bicchieri trasparenti dei cocktail. Tutti aspettavano, guardando gli strumenti abbandonati e silenziosi, ascoltando la musica che veniva trasmessa dagli altoparlanti per riempire l’attesa.

“L’attesa della fine. Ogni animale deve attendere il proprio turno, al macello. L’attesa può durare uno o due giorni. Alcuni animali, come i maiali e le mucche, assistono alla morte dei propri compagni e soffrono terribilmente sapendo che la stessa fine toccherà anche a loro.”

Nella penombra si era voltata e lo aveva guardato, staccando gli occhi dal palco vuoto che stava fissando inutilmente. Aveva visto le luci oscillare sul suo viso, aveva aperto la bocca per dire qualcosa, ma immediatamente si era portata il dorso della mano al naso. Un flusso di sangue aveva iniziato a scorrere dalla sua narice destra al bordo superiore delle labbra, si era infiltrato lì dove la pelle era più fragile e piena di crepe e spelature, una goccia le aveva toccato la punta della lingua col suo gusto ferroso.

Lui l’aveva accompagnata in bagno, le aveva passato i fazzoletti di carta, bianchi e sottili, le aveva aperto il rubinetto e le aveva messo i polsi sotto il getto dell’acqua ghiacciata. Avevano guardato il loro riflesso nello specchio, i loro volti sullo sfondo delle piastrelle verdognole che ricoprivano tutti i muri di quella stanza che più che un bagno sembrava una sala operatoria, enorme, fredda, senza finestre, con le luci al neon bianche ed il soffitto sporco. La musica nella sala circolare era stata bruscamente interrotta, e da dietro la pesante porta bianca avevano sentito solo un brusio di chiacchiere concitate.

“La scarica elettrica. Prima di essere uccisi, gli animali vengono storditi con diversi metodi. I maiali perdono coscienza con l’elettrocuzione, tramite un apparecchio che si appoggia sulle tempie; polli e galline vengono immersi in una vasca di acqua elettrificata che li paralizza; alle mucche viene perforato il cranio con una particolare pistola con un proiettile retrattile.”

Quando erano usciti dal bagno, i componenti del gruppo erano già sul palco e stavano accordando gli strumenti in silenzio. Il cantante aveva salutato in inglese e il pubblico aveva iniziato a ondeggiare alla prima nota, muovendosi in maniera apparentemente casuale. Lui le aveva passato un braccio intorno alle spalle e l’aveva stretta contro di sé, nascondendo il viso tra i suoi capelli e riempiendosi i polmoni di quel profumo così familiare eppure sempre così buono, misto all’odore della nebbia che avevano attraversato a piedi prima di entrare nel locale e all’odore del fumo delle sigarette. Erano belli i concerti insieme a lei. Era bello vederla muoversi accanto a lui, sapere di poterla stringere in qualsiasi momento sulle note della loro canzone preferita, perché c’era sempre una canzone durante la quale si guardavano sgranando gli occhi, felici di sentirla finalmente dal vivo.

Ma le sue tempie pulsavano, lo vedeva attraverso la pelle, le vene sottili sotto alle luci bianche, rosse, blu che non stavano ferme un secondo. Lei pulsava, pulsava di sangue. Anche il cuore di lui aveva preso a battere più forte; a che stadio erano arrivati? All’attesa della fine? Allo stordimento di una scarica elettrica per non sentire più nulla?

“La morte crudele. Gli animali vengono decapitati e appesi a testa in giù. La posizione serve a far sì che si dissanguino più velocemente. Animali pesanti come maiali e mucche vengono sollevati da terra, con conseguenti ferite e fratture, dopodiché vengono macellati.”

Sapevano che sarebbe stata l’ultima volta; l’ultimo concerto, probabilmente l’ultima sera insieme, l’ultima uscita, l’ultima volta che lui le avrebbe passato i fazzoletti, l’ultima volta che l’avrebbe guardato veramente negli occhi. Era strano che proprio l’ultima volta, l’ultima delle ultime, dovesse capitare in un ex mattatoio. Ma forse, in fondo, era il luogo più adatto.

«Posso darti ancora un bacio? Non smetterò mai di amarti, lo sai, vero?»
Lui le aveva preso il viso fra le mani e l’aveva baciata con tutta la forza che aveva. “Il tremito dei loro corpi continua per alcuni lunghissimi minuti.”

Il mattatoio (c) 2019 Elena Ramella

Elena Ramella (1995), studia Lettere all’Università di Torino. Ha trascorso un anno in Francia per studio e ha conseguito la laurea in Culture e Letterature del Mondo Moderno. Appassionata lettrice, nel 2015 ha pubblicato la raccolta di racconti Lettere della notte, Edizioni LaGru, il romanzo breve Melograno, Edizioni Echos, nel 2016 e la raccolta di poesie Anatomia di un’assenza, Ensemble (2019). Da un paio di anni collabora con riviste online scrivendo racconti.

 

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