La circolazione del sangue – Tiziano Sclavi

 

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Un giallo esistenziale, psicanalitico, composto da libere associazioni, da sequenze oniriche mischiate a realtà più o meno alternative; ripetizioni, iterazioni, schemi labirintici senza un centro o un’uscita, forse solo alzandosi in volo si potrebbe seguire dall’alto uno schema razionale, così come fa il protagonista del romanzo La circolazione del sangue (scritto nel 1982 e pubblicato nel 1995 da Camunia) che muore nell’incipit e ce la racconta lui stesso la sua morte, con le sue parole: il colpo di fucile in faccia e il librarsi in volo dal suo stesso corpo abbandonato ai piedi della scrivania. La lievità della sua anima (dal peso di tre millesimi di grammo, misurata grazie a una bilancia di precisione) lo conduce attraverso i muri, a viaggiare tra i corpi e negli impulsi cerebrali dei viventi, a partecipare, o a fingere, (al)le vite dei suoi indagati. Sì, perché La circolazione del sangue è un anti-giallo, la ricerca del colpevole da parte dell’assassinato:

La circolazione del sangue è un giallo “innovativo”, perché la soluzione dell’enigma giunge come una rivelazione, senza essere né preparata né spiegata e senza che l’assassino venga punito, è un giallo “decostruttivo”, perché la soluzione è inaccettabile seguendo le più elementari regole della logica, ma è anche un giallo “metanarrativo”, perché, mentre all’interno del testo il personaggio-narrante indaga sul proprio assassinio-suicidio, all’esterno del testo Sclavi obbliga il lettore ad indagare sulla figura del narratore, che mentre si racconta allo stesso tempo si nasconde dietro un cumulo di bugie, esattamente come un paziente davanti al suo psicanalista.” (Dellamorte e altre storie, Daniele Bertusi, Periplo, 1997)

La morte è sempre stata presente nei romanzi di Tiziano Sclavi, per non parlare dei suoi fumetti, Dylan Dog in primis; ne La circolazione del sangue la morte è protagonista, o meglio il protagonista è “il morto”.

La mia morte avvenne al compimento del mio trentesimo anno di età, in circostanze misteriose. Fui ucciso in una stanza ermeticamente chiusa dall’interno. Ero più o meno in questa posizione, stavo scrivendo a macchina, quando sentii un fruscìo alle mie spalle. Non è esatto: più che un fruscìo era l’alito di una presenza, dietro di me. Mi voltai di scatto, impaurito, ma feci appena in tempo a vedere la sagoma indistinta di un uomo che mi puntava un’arma, probabilmente una pistola o un corto fucile a canne mozze. Subito dopo ci fu una denotazione e un proiettile entrò nel mio cervello, provocando la mia quasi istantanea dipartita da questo mondo.

Dopo la scoperta della sua nuova condizione, nelle giravolte da una stanza all’altra della sua casa, nell’osservazione della propria autopsia, il protagonista decide di mettersi alla ricerca del proprio assassino. La sua vita, così, viene messa sotto indagine, e gli strumenti sono i sogni, le mistificazioni, le realtà vissute e quelle immaginate, il poter essere tutto e il non essere niente, l’insopprimibile voglia di assoluto e l’accecante volontà di morte, di annichilimento. 

Accanto al sovrastare della morte, come in tutti i romanzi di Sclavi, si affianca la necessità dell’amore. I protagonisti maschili dei romanzi di Tiziano Sclavi hanno un pessimo rapporto con le donne: ne sono attratti ma ne vengono respinti, ne hanno necessità e quando ottengono la loro attenzione, loro si rivelano essere automi, fantasmi di crudeltà inaudita. Uno Sclavi misogino? No, nelle sue storie, sono gli uomini a essere inadatti alla vita, a non comprenderne le regole, i compromessi, a essere vittime della società nella quale vivono. La patologia è il loro unico destino. Le donne non vengono mai raggiunte, mai comprese, perché il protagonista di Sclavi non comprende mai se stesso.

La ricerca dell’omicida è condotta spiando la vita delle sue vecchie amanti. Un motivo per ripetere quei rapporti finiti nella dimenticanza. Il fantasma arriva perfino a sovrapporsi al nuovo amante di Elisa, che lui ritiene la principale sospettata. L’esperienza è fallimentare, vuota. Così come in vita. 

Violenza e dolore. Il protagonista attraversa principalmente queste fasi. E poi la disperazione. L’inutilità della vita, dei suoi riti, delle sue regole; l’inutilità delle relazioni, terrificanti e grottesche (il modello è sempre il Trelkovski di Roland Topor). 

Nel corso del romanzo, inizia a prevalere l’aspetto più infantile e mitomane del personaggio, forse perdendosi egli stesso nel labirinto a rizoma dei suoi sogni e delle sue vite inventate. Succedeva così anche ai personaggi di Tre, forse il romanzo che, potremmo dire, rappresenta una versione corale de La circolazione, in cui è presente lo stesso labirinto di storie che, via via, vanno a sfilacciare gli stessi personaggi e, ancor più radicalmente, lo stesso autore del romanzo. 

La logica onirica, ne La circolazione del sangue, domina ovunque, senza nessun intento di linearità narrativa o tantomeno di verosimiglianza, sfociando anzi nel puro delirio. Il protagonista, ad esempio, riesce a restringersi alle dimensioni del virus della meningite per infilarsi nella testa di Elisa dove trova nientemeno che un venditore porta a porta.” (Dellamorte e altre storie, Daniele Bertusi, Periplo, 1997)

Il romanzo di Tiziano Sclavi è una ricerca del suo assassinio, delle motivazioni che hanno spinto l’assassino a ucciderlo e dunque lo scopo è la ricerca di se stesso, delle motivazioni che lo hanno tenuto in vita, del senso della sua vita, della sua morte, dell’aldilà, dell’infinita ripetizione che è l’esistenza. Ciò che pensavamo ci fosse dopo la morte, non c’è. Il protagonista non incontra altri suoi simili, non vede alcuna luce abbagliante verso la quale andare, e neanche la luce delle fiamme calde dell’inferno. Ne La circolazione del sangue, i morti non muoiono mai del tutto, non c’è liberazione o catarsi: solo una nuova e più agghiacciante solitudine.

Traspare anche, all’interno di questa storia folle, la tendenza autobiografica dell’autore, attraverso l’inserimento di eventi e luoghi appartenenti allo scrittore Sclavi, che inserisce apertamente caratteristiche lo hanno contraddistinto (età, luoghi geografici, caratteristiche personali, il premio letterario vinto da giovane, ecc.). In più, ogni capitolo è introdotto da una data, come se fosse un diario; ma in realtà, giorno mese e anno non sono che le date della stesura del romanzo che stiamo leggendo. Sclavi mette ancora una volta in gioco se stesso, come individuo e soprattutto come scrittore, anticipando una tendenza postmoderna che in Italia era ancora grezza, escludendo i lavori del ben più famoso Italo Calvino

Tiziano Sclavi, possiamo affermarlo con cognizione di causa, è stato uno dei primi scrittori postmoderni italiani, anticipando mode che sarebbero arrivate decenni più tardi sul mercato editoriale. 

Sclavi, scrivendo, si crea uno schermo, che è un personaggio che scrive la sua storia, un personaggio dietro il quale poter nascondere le proprie nevrosi.” (Daniele Bertusi)

La risoluzione del caso

Non dobbiamo dimenticare che La circolazione del sangue resta un romanzo “giallo”. Abbiamo un delitto e un investigatore, seppure le due figure coincidano. Le tecniche di investigazione sono assurde, procedono per associazioni linguistiche e di idee, attraverso le strutture ricorsive dei sogni. Gli indagati sono principalmente le sue ex amanti: una speranza per scoprire di non essere stato dimenticato da quelle donne. Scartate queste ipotesi, il successivo indagato è Dino, il figlio ottenuto per clonazione e dato in affido a genitori adottivi scelti in modo che somiglino il più possibile ai suoi. Dino è stato concepito come esperimento crudele: fargli rivivere la stessa vita del protagonista per capire se è possibile sfuggire al destino di sofferenza e infelicità. Poiché al momento dell’omicidio il bambino ha otto anni, neanche lui può essere il suo assassino. 

Dino ripercorre in toto la stessa vita del protagonista, tutto ciò che gli succede al figlio è già successo a lui. La libertà, allora, non esiste. Ogni scelta compiuta sarà sempre uguale alla successiva, in un tragico e infinito eterno ritorno, al quale il protagonista cerca di mettere fine uccidendosi, interrompendo la folle sequenza di reincarnazioni. 

Ancora uno Sclavi radicale: se ad esempio ne Il testimone arcano e in Apocalisse (di cui abbiamo scritto qui e qui) Sclavi prendeva i modelli originali, il romanzo di Topor e il film di Hitchcock e andava oltre il loro gioco, qui facciamo un passo oltre la regina del giallo Agatha Christie, che ne L’assassinio di Roger Ackroyd ingannava brillantemente il lettore sull’identità del criminale, con una mossa originale per l’epoca (l’assassino è l’autore della storia appena letta). Tiziano Sclavi, ancora una volta, spinge la sua ricerca più in là, fino a fare del protagonista il morto, l’indagatore e il colpevole.

Un giallo esistenziale, lo dicevamo all’inizio; un romanzo psicoanalitico, un labirinto di storie e personalità, di realtà e fantasie, di dolore e tremenda disperazione; di un destino cieco e crudele.

Lo avevamo visto anche in Dellamorte Dellamore: la libertà è un sogno più grande della morte. Ma la Morte continua a regnare nei mondi fantastici di Tiziano Sclavi.

 

Giovanni Canadè

 

 

 

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