“I mostri sono reali e anche i fantasmi sono reali. Vivono dentro di noi e, a volte, vincono”.
Perfino Stephen King, maestro dell’Orrore, è consapevole che i mostri più terrificanti, spesso, non sono quelli che attendono nascosti nell’oscurità di un angolo o che assalgono le vittime armati di una lama. Talvolta, i mostri peggiori si celano nel chiuso delle menti, si annidano, recrudescenti, nel petto caldo, tra un battito concitato e l’altro del muscolo cardiaco. Questo è il messaggio che, disturbante, s’insinua nelle viscere dopo essersi avventurati nella lettura di Racconti di intima follia.
Coraggiosa autopubblicazione di 134 pagine, la raccolta di Jioke, nome d’arte di Giovanni Dell’Oro, comprende venti tavole autoconclusive in formato A4 e undici racconti. Tutte le tavole e i racconti sono slegati gli uni dagli altri, eppure percorsi da un motivo comune, lo stesso che, appunto, dà il titolo alla raccolta: la follia, quella quotidiana, quella intimae innata in ogni essere umano. Le vignette, realizzate a mano e a penna, scorrono senza fretta e sembrano riportare a galla, come una sensazione sgradevole, quell’interrogativo che ciascun individuo, prima o poi, cerca di soffocare nel clamore delle buone azioni e nel silenzio sinistro dei vicoli ciechi dell’inconscio: esistono davvero esseri umani immuni all’insania? O siamo tutti destinati a cedere e mostrare segni di squilibrio? Quali sono, se ci saranno, le prime avvisaglie della comparsa del pericoloso mostro? C’è possibilità di scegliere e preferire la sanità alla follia? Se non ci fossero conseguenze materiali, se la voce della coscienza non si levasse a pungolare le carni, forse tutti si abbandonerebbero senza indugi ai flutti della pazzia.
Una dopo l’altra, come in un loop ossessivo, queste domande si affacciano febbrili e spalancano nella mente un baratro: chi sarà così coraggioso da compiere il salto e precipitare verso il nulla della ragione? Racconti di intima follia, disegno dopo disegno, spinge chi legge a compiere quel salto nel vuoto, ad affrontare le oscure e intorpidite psicosi che ognuno cela perfino a sé stesso, timoroso di scoprire che l’orrore non viene da fuori, ma è sopito dentro, in attesa di una mano coraggiosa che lo faccia sgorgare, improvviso. In realtà, la lettura della raccolta non è così semplice come la consistenza modesta lascia intuire. Ogni tavola è un passo nel buio, a più riprese l’angoscia monta come un’onda che si prepara a divorare il bagnasciuga, e l’impressione, osservando le vignette così crude e realistiche, è che dita invisibili si posino, salde, sulla gola, mozzando il respiro come un fiotto d’acqua salata che lotta che per invadere la trachea e riversarsi nei polmoni. Freddo. È questa la sensazione percepita guardando le figurette smilze che popolano le vignette. Del resto, nessuno mai sarebbe contento di affrontare un viaggio a ritroso nella propria psiche alla ricerca di malsani turbamenti e pulsioni infide. E ciò che più turba in Racconti di intima follia è che le situazioni descritte, per quanto orrorifiche e grottesche, non sono solo spunti narrativi frutto di una fantasia fervida: è la realtà cui si assiste ogni giorno, spesso voltando lo sguardo altrove per terrore di vedere quanto male cova, e che qui piomba addosso in tutta la sua brutalità. D’altra parte, tratti distintivi dello stile di Jioke sono le linee dritte e il bianco e il nero che, in tavole realizzate con cura interamente a mano, contribuiscono in maniera decisa a creare l’atmosfera che avvolge tutti i disegni, macabra e inquietante. Questo stile, che ricorda per alcuni aspetti la grafica del videogioco horror Neverending nightmares, è perfetto per raccontare le tematiche che l’artista porta a galla con le sue illustrazioni: l’ossessione, l’amore malato, la solitudine, l’alienazione, la paranoia, tutti quei piccoli incubi che divengono proiezione delle follie che gremiscono la mente.
Le strisce sono minimali, disegnate con tratto deciso, eppure sono dense di particolari realistici. Però, ciò che più di ogni cosa attira l’attenzione, sono i personaggi, pochi, che le abitano. La realizzazione delle figure umane non gode di perfezione anatomica, ma poco importa, non è questo che assegna valore alla narrazione grafica di Jioke. Ogni striscia, per quanto ermetica, per quanto i dialoghi possano essere asciutti, mira a concentrare lo sguardo del lettore sui personaggi e, in particolare, sui loro occhi. Non è necessario che siano scambiate tante battute e le parole dette sono lontane da ogni retorica, ma è da quegli occhi grandi, spesso ambigui, di tanto in tanto impauriti, molte volte stralunati che scaturisce tutto il senso che le tavole portano con sé. La tensione, l’orrore dolce del mostro che si avvicina lentamente, lo scatto di comprensione emanano, come in un climax ascendente, proprio da quegli occhi, sbarrati a rivelare un tumulto di emozioni contrastanti, nella terrifica consapevolezza che i veri mostri, forse, sono quelli riflessi in uno specchio o nell’occhio di una webcam o che stanno seduti dall’altra parte di una tavola pronta per la cena. La bellezza di questa raccolta è che, come in poche occasioni accade, le parole, per una volta, sono lasciate a riposo; lo stile minimale, i disegni suggestivi dai tratti decisi, in cui nessun dettaglio è lasciato al caso, rendono i racconti profondamente evocativi e capaci, perciò, di suscitare in chi legge quel moto di inquieto affanno che possono accendere solo quelle verità taciute, per paura di non essere quello che pensiamo o per il fondato timore che nasce dal rendersi conto che i mostri ci vivano accanto e noi facciamo finta di niente. Racconti di intima follia narra il malessere che strema l’umanità, ma in maniera così delicata da trasformarsi in arte.
Francesca Belsito