La mia morte – Lottare per una libera scelta

Di chi è la mia vita? Di chi è la mia morte? Se lo chiede G, l’autore anonimo di questo romanzo, La mia morte,  cronaca reale e fittizia di una vita minata dalla Malattia, dal Parkinson che irrigidisce e mina il cervello (suggestiva in questo senso la copertina del libro a opera di Francesco Dezio); la Malattia che diventa riepilogo del passato e lotta del presente, un boxare privato con il fantasma del futuro, una lotta pubblica a favore della necessità dell’autodeterminazione.

La mia morte è un romanzo che fa male, fa sanguinare.

La mia morte è sarcasmo diabolico, ghigno luciferino di un autore che lotta e che l’avrà vinta anche in punto di morte (vd. il capitolo Sepolto vivo).

G racconta la propria storia senza cedere all’autocommiserazione. La sua vita è divisa in due, quella prima della malattia e quella che è diventata. G è un avvocato brillante, lo era e lo è ancora, seppure ora il corpo non risponda più con la stessa prontezza, costretto a una metamorfosi kafkiana in nuova chiave allegorica (vd. Metamorfosi).

Tra fantasia e realtà, tra ricordi e premonizioni, G ripercorre la sua gioventù in una provincia borghese e ipocrita, già segnato dalla diversità di una personalità strasbordante.

Avvocato e lettore, G s’immerge nelle sue letture giovanili, le fa sue, le divora e se ne fa personaggio, così come il mondo nel quale vive si tinge d’inchiostro e riscritture di figure femminili, donando a questo mondo sospeso tra realtà e finzione, tra confessione e mistificazione, l’immortalità della narrativa.

La mia morte è una scelta di libertà sulla propria vita e sulla propria morte.

La mia morte è un pugno nello stomaco per chi ha la presunzione di legiferare sulla vita degli individui.

La mia morte è un romanzo eretico, pubblicato da Tempesta editore, un editore che gli eretici li ama.

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